Alighiero Boetti
Torino, 1940- Roma, 1994
Alighiero Boetti scopre l’arte contemporanea a Torino all’interno della Galleria Notizie di Luciano Pistoi, dove ha la possibilità di osservare da vicino le opere di Wols, Fontana, Gorky e Rothko fino alla scoperta dell’arte di Cy Twombly, Balla, Klee e Picasso. La sua carriera artistica prende avvio negli anni ‘60, anni in cui si approccia alla composizione informale con olio e tempera su cartone e tela. Le sue prime opere posso essere definite ‘da camera’ in assenza di uno studio d’arte. In questi anni predilige materiali quali inchiostro di china su kleenex, ‘combustioni’ di scatole di fiammiferi, incisioni con inchiostro nero, evolute successivamente in incisioni policrome e disegni a matita nera su cartone, sagome meccaniche, ed iconografia che richiama la Pop Art. Sperimenta nella sua casa studio torinese opere tridimensionali, lastre di lamiera assemblate, saldate e verniciate a spruzzo, e nuove tipologie di disegno ad inchiostro di china che ricorda le ombre cinesi. La svolta artistica avviene tra il 1966 e il 67, anni in cui comincia a frequentare le gallerie d’avanguardia di Sperone e Stain, in cui viene a contatto con l’arte di artisti emergenti torinesi quali Mondino, Gilardi, Piacentino, Pistoletto e Paolini. La sua arte si discosta però dallo stile dell’arte torinese in favore di composizioni minimaliste. Esordisce nell’ambito dell’Arte Povera nel gennaio del 1967 con una mostra personale in Galleria Christian Stein e durante lo stesso anno partecipa a varie collettive che segnano la nascita ufficiale dell’Arte Povera, in particolare la collettiva Con/temp/l’azione a cura di Palazzoli. La definizione ‘arte povera’ viene coniata a seguito della collettiva Arte povera-im spazio a cura di Celant in Galleria ‘La Bertesca’ di Genova. Boetti si allontana definitivamente dall’Arte Povera, definita dallo stesso ‘la nausea della fine’, con la mostra amalfitana Arte Povera più azioni povere, sempre a cura di Celant in collaborazione con Rumma. A partire dal 1971 la sua firma diventa ‘Alighiero e Boetti’ a seguito del montaggio Gemelli con la sua doppia immagine. Nello stesso anno conclude la sua serie Viaggi postali giocati sulla permutazione matematica dei francobolli, l’aleatoria avventura del viaggio postale e la segreta bellezza dei fogli contenuti nelle buste. Boetti si interessa alle mappe, planisferi stampati in bianco e nero su cui colora i territori con le rispettive bandiere, che daranno origine alle mappe ricamate, lavoro artistico che affida alle ricamatrici afghane. Durante gli anni ‘70 l’artista si avvicina all’arte concettuale, tra cui si inserisce l’opera Millenovecentosettanta, versione in pizzo e in ghisa su rilievo, con cornice di vernice verde, ‘messa al quadrato’ di una data, tecnica precursore dei successivi lavori di Boetti, ovvero, ‘quadrati’ di linguaggio ‘esercizi’ su carta quadrettata, basati su ritmi musicali o matematici. Boetti può essere definito come un artista versatile e caleidoscopico, che segue la trama di un univo grande tema, ovvero, lo scorrere del tempo, che unisce la sua pluralità iconografica. Alighiero Boetti ha esposto nelle mostre più emblematiche della sua generazione, da When attitudes become form (1969) a Contemporanea (1973), da Identité italienne (1981) a The italian metamorphosis 1943-1968 (1994). E’ più volte presente alla Biennale di Venezia nelle edizioni del 1980, 1986 e con sala personale nell’edizione del 1990 in cui realizza il grande Fregio, vincendo il Premio speciale della Giuria, un omaggio postumo nel 2001 e con un’ampia mostra alla Fondazione Cini nella recente edizione del 2017. Tra le mostre più significative degli ultimi anni è stata realizzata la grande retrospettiva Game Plan in tre prestigiose sedi (il MOMA di New York, la Tate di Londra, il Reina Sofa di Madrid).
MUSEI
– Centre Pompidou di Parigi
– Stedelijk Museum
– MOCA di Los Angeles.
– Tate di Londra
– Reina Sofia di Madrid